sabato 18 agosto 2012

Pensare Instagram

Quando si tratta di fotografia io devo provare tutto e ammetto che mi rodeva abbastanza non poter partecipare all'esperienza di Instagram tanto diffusa quanto decantata quanto ancora elemento discriminante, solo perché non in possesso di un iPhone. Quando l'app è arrivata sui dispositivi Android ho potuto provarla direttamente sul tablet. Ma io non vado in giro a fotografare con il tablet - orrore! - però, sappiatelo, qualunque fotografia scattata con qualunque mezzo (quindi anche una reflex) può passare attraverso l'app ed essere come si dice instagrammata e uplodata nella community. 
Tutto si può fare insomma, ma credo che questa serie abbondante di passaggi facciano perdere di vista il concetto di immediatezza che insieme a quello di condivisione è alla base della app-community.
Adesso ho uno smartphone con Android e sono in grado di usare Instagram nel pieno delle sue funzioni.
Che però non sono poi così tante, corrispondono a qualche filtro, carino certo, ma nessuna possibilità di intervenire su luce e colori. Motivo per cui uso sempre la fotocamera dello smart, e non quella di Instagram, che mi permette di scegliere le preimpostazioni.
Il passaggio successivo è il tuffo nella community in cui, come ogni social network che si rispetti, ridonda di tutto e di nulla. La notevole semplicità di utilizzo rompe ogni argine filtrante e consente una sovrabbondanza di gatti e autoritratti di discutibile qualità. Naturalmente c'è anche molto di buono e di bello.
Da tutto questo buono e bello mi piace attingere ispirazione e dopo diversi giorni di utilizzo piuttosto sperimentale ho cominciato a riflettere su cosa significa per me usare Instagram, app e community insieme che ti proietta poi fuori di essa attraverso la rete degli altri social network.
Io soffro spesso di astinenza da scatto e se non posso uscire a cercarmi le occasioni comincio a guardarmi attorno in casa nel tentativo di stanare scene nascoste. Lo smartphone ti fa riflettere meno, abbassa il livello di snobismo (ci sono scatti per i quali mai mi sognerei di scomodare la reflex), assolve al bisogno degli occhi di essere costantemente mirino senza mancare al proprio stile. La scelta dell'inquadratura, della scena, del racconto devono rimanere per me alla base di ogni fotografia, a prescindere da quale mezzo si utilizzi.
E dunque, per la mia anima fotografa, lo scatto instagrammato è il pensiero veloce, il momento che fugge, un battito di ciglia. L'haiku della fotografia.








6 commenti:

  1. ottima spiegazione! Come al solito affronti le cose personalizzandole e i risultati sono sempre ineccepibili

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie :-) Personalizzandole, ovviamente. E' sempre un "secondo me", suscettibile comunque di cambiamenti se l'esperienza lo renderà necessario.

      Elimina
  2. L'importante è non farsi trascinare dai tecnicismi fine a se stessi. Parecchi cadono nella trappola. E comunque ormai la fotografia è un'altra cosa da cos'era quella della pellicola e anche dei primi tempi del digitale.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. No infatti. Quando pero' la fotografia e' tutto, o comunque tanto, non ci sono limiti.

      Elimina
  3. "L'haiku della fotografia"...me lo sono scritto sull'agenda perchè credo che tu abbia davvero colto l'essenza di Instagram!
    Questa tua definizione mi affascina!
    E oltre a questo...bè...che dirti...le tue Instagram sono gioiellini e questo conferma la realtà che non è una macchina a fare il fotografo...ma il cuore!
    ^^

    Anna

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Alla fine e' sempre quello il punto: quando hai un'idea in testa la sviluppi, con qualunque mezzo.

      Elimina